lunedì 29 gennaio 2007

Casino Royale

CASINO’ ROYALE

Regia di: Martin Campbell
Scritto da: Neal Purvis; Robert Wade
Genere: Azione/Avventura/Thriller
Paese: USA/Germania/UK/Rep. Ceca
Anno: 2006
Durata: 144
Cast: Daniel Craig; Eva Green; Mads Mikkelsen; Judi Dench; Jeffrey Wright; Giancarlo Giannini; Caterina Murino;[more]



Io sapevo che Casinò Royale (quello vero, del 1967) fosse una specie di parodia dei film di 007. Daltronde James Bond lì è Peter Sellers.
Io sapevo che James Bond è un agente segreto abilissimo ma con l’aria sorniona. Gran sciupafemmine, ma di classe.
Io sapevo che nei film di 007 c’è molta azione ma pochi muscoli.
Che devo pensare di sta specie di Dolph Lundgren che dice di chiamarsi Bond, James Bond?
Tutto il bene possibile, visto che nonostante questo film sia diverso dall’originale, nonostante che Daniel Craig non me lo sarei mai immaginato come l’agente di Ian Flemming, nonostante che sia davvero uno 007 molto “fisico” il film non è brutto. Oddio, non pensiate che ci sia dietro chissà che. Spettacolo puro, inseguimenti, grandi macchine, omicidi, doppigiochi e una lunga partita a poker. E belle ragazze ovvio. Insomma, il solito film su Bond ma con qualcosa in più (ma anche qualcosa in meno). CONTINUA

lunedì 22 gennaio 2007

Lettera ad una scienziata


Gentile Margherita Hack,
chi le scrive, seppure in forma totalmente virtuale, è una persona confusa. Confusa dal clamore che ogni dichiarazione pubblica di chicchessia suscita, e dalla facilità con la quale la si dimentica. Confusa da una classe politica che sembra gongolarsi nel suo ruolo, distante anni luce dalla vita quotidiana del “cittadino medio”. Confusa ed arrabbiata alla fine, con quegli intellettuali (filosofi, scienziati, artisti, letterati ecc…) che più che umili lavoratori al servizio della Verità, sembrano tanti avvocatucchi della provincia che fu, sempre pieni di sussiego, anche e soprattutto nel “fare gli umili” e nello “spiegare alla gente” le cose e i meccanismi complicati della vita e della natura. Nonché dell’amore.
Gentile Margherita Hack,
questa persona confusa non è affatto populista, e non sta facendo un’apologia della “gente comune”, ma proprio perché pensa che ci siano persone e persone, proprio perché pensa che taluni dimostrino a volte doti eccezionali che la maggioranza delle persone non ha, proprio per questo pretende che questi taluni siano all’altezza delle aspettative. O se non lo sono, facciano il gesto di umiltà di togliersi dal trono.Questa persona confusa sono io, Andrea, 28 anni dalla profonda provincia marchigiana. Uno qualsiasi. Non laureato (non ancora almeno), che fa tanti lavoretti ma non svolge nessuna professione con molti hobby che però non lo vedono eccellere in niente. Ho degli interessi medi che spaziano dal cinema alla musica, dalla letteratura allo sport. Potrei darmi mille definizioni e in ognuna ascrivere almeno un aspetto della mia persona, ma questo conta poco. Ora, io credo fermamente che anche la gente normale come me abbia il diritto di esprimere le proprie idee e il proprio pensiero, c’ho fatto un sito su/per questo. Sono anche del parere che un ingegnere possa discettare di cinema o di musica, pur non essendo la “sua materia”. Ma sono anche fermamente convinto che pur essendo io una persona qualsiasi e lei una grande scienziata, se ci mettessimo a discutere di storia (ad esempio) le mie opinioni e argomentazioni potrebbero essere (oltrechè degne dello stesso rispetto delle sue) magari più convincenti, o interessanti, o vere delle sue. Ed è questo, in pratica, il motivo di questa mail, un dialogo a distanza, una risposta alle sue affermazioni pubblicate da “La rinascita della sinistra” in un (suo) articolo del 18 Gennaio 2007 dal titolo “Un salto nel Medioevo”.
Gentile Margherita Hack,
ho trovato il suo articolo decisamente irritante, non tanto per quello che dice in se, ma per il fatto che lei usi la sua posizione e la sua fama di scienziata – meritata – per avvalorare e in qualche modo “certificare” delle idee (confuse, mi permetta) che più che luoghi comuni non sono. Oltretutto le suddette considerazioni (o idee che dir si voglia) non partono da nessun metodo scientifico o storico. Sono poco più che chiacchiere da bar. Da uno scienziato del suo calibro, mi perdoni, mi aspettavo di più. A parte l’uso qualunquista – e che di storico ha poco – del termine medioevo, su cui ci sarebbe già molto da riflettere, quello che non capisco è dove lei vuole arrivare. Parla di tolleranza e di carità cristiana. Sono convinto, da come ne parla, che almeno la seconda lei non la conosce. Parla di pressioni ai politici, io ho visto solo appelli alla politica. E’ pure possibile che io abbia visto poco e niente, allora mi spieghi lei, gentilmente, dove (e come) sono queste pressioni. Non per addentrarmi nello specifico, ma prendendo l’esempio del funerale di Welby ha commesso decisamente un errore. E’ facile cavalcare “lo scandalo” popolare delle casalinghe di Voghera (con tutto il rispetto per queste ultime), un po più difficile chiedersi umilmente il perché delle cose. Probabilmente se si fosse informata meglio saprebbe che per “accedere” ai funerali religiosi c’è bisogno innanzitutto di volerlo (e poi di altro, ma lasciamo stare l’aspetto teologico). Cosa che Welby né in morte, né in vita ha mai dimostrato. Posizione rispettabile, anzi ancora più rispettata dalla decisione di non fare il funerale religioso.Poi lei parla di Pacs, di ricerca scientifica, di pressioni sulla politica (e conseguente minaccia allo stato laico), di eutanasia. Argomenti legittimi come legittime sono le posizione che lei esprime. Un pò meno legittime sono le sue accuse che sembrano voler dire che né una singola persona né un’intera istituzione possano avere il diritto di dire il contrario di quello che dice lei. A parte la retorica d’accatto che usa in certi passaggi (“Non crede, il pontefi­ce, che sia molto più forte e sincero il legame fra due per­sone che vivono insieme libe­ramente perché si vogliono bene anziché quello condizio­nato, com’era certamente fino a mezzo secolo fa - oggi for­tunatamente molto meno - dal­le convenzioni, dal rispetto umano, dalla convenienza economica o sociale? Crede che il vincolo religioso sia sufficiente a tenere insieme due persone che non si sop­portano più? Nella vita si sba­glia molte volte, perché a una coppia male assortita deve es­sere proibito di sbagliare? Perché un omosessuale deve esse­re discriminato, solo perché è in minoranza?” facilmente ribaltabile con un: Non crede la signora Hack che il legame fra due persone che scelgono di sposarsi tradizionalmente – chiesa o comune qui non centra- possa essere altrettanto forte, libero e sincero di quello di “due persone che vivono insieme liberamente”? E non crede inoltre che il fatto stesso che queste decidono di sposarsi secondo antica tradizione sia, almeno a livello ipotetico, una garanzia in più della loro unione agli occhi della società, visto che si prendono diritti e doveri più gravosi di quelli imposti da un semplice pacs?), non pensa lei, in tutta onestà, che la chiesa è solo una delle parti che sostengono certe posizioni? Forse è la “fetta più grossa”, ma è comunque una parte. C’è tutto un pensiero anche laico e razionalista che è, in determinati ambiti, sulle stesse posizioni della Chiesa – per motivi diversi magari – Certo, è comodo catalogare costoro come baciapile vaticani, ma è alquanto superficiale, non rende giustizia all’intelletto umano e sicuramente non aiuta a capire. Eppure io pensavo che l’esito dei referendum sulla procreazione assistita qualcosa avessero fatto capire… Ma in onestà, non è un’analisi superficiale del dato sociale la cosa che mi ha colpito di più nel suo articolo. Quello che mi ha colpito di più è stata la facilità con cui lei – una scienziata – accusa senza prove, la facilità con la quale parla di ingerenza senza accorgersi di perpetrarla lei stessa mentre ne parla – se il livello d’ingerenza è quello che dice lei, anche dire alla Chiesa ciò che dovrebbe fare, ad esempio un funerale, è ingerenza -, la facilità con la quale lascia trasparire dalle sue parole “come secondo lei il papa dovrebbe pensare” (che può essere anche legittimo), ma soprattutto quando e su cosa dovrebbe tacere. Il gioco-forza poi di far passare certe posizioni come esclusivamente cattoliche, quando sa che non è vero, e quando sa che spesso sono evidentemente laiche, risulterebbe squallido se non fosse così meschino e falso. Voler creare questa contrapposizione credenti/atei è squallido. Ma ammesso che sia davvero una contrapposizione così netta, lo Stato italiano cosa dovrebbe fare? Fra due fazioni non può abbracciarne una in toto, ne andrebbe del concetto stesso di democrazia e – giustappunto – di laicità. La democrazia è un gioco di forze che si svolge in libertà. Capita, nelle democrazie, che a volte predomini l’uno e a volte predomini l’altro (pensi a come è stata scritta la Costituzione Italiana). In ogni caso un politico può e deve fare appello, nel momento che legifera e decide, a quello che ritiene intimamente giusto. Cosa poi determini le sue convinzioni è storia personale, così come i “guru” a cui deciderà di dare ascolto.
Gentile Margherita Hack,
con tutto il rispetto che porto se non agli scienziati, almeno alle persone di una certa età (perchè così mi hanno insegnato), non posso fare a meno di farle notare che il progresso scientifico non è solo la ricerca sugli embrioni o i trapianti. Il progresso scientifico è anche la bomba atomica e gli OGM, cose contro cui lei è schierata, almeno come candidata ed esponente di un certo partito. Eppure anche gli OGM potrebbero salvare delle vite. Da una scienziata mi aspettavo un’idea della scienza un po’ diversa, più “concreta”. E invece devo leggere ancora una volta di un progresso (tecnico) scientifico visto come un deus ex machina, quasi come un mito da perseguire perché, a priori, buono in sé. Non posso fare a meno di farle notare di quanta parte del mondo laico sia contro l’eutanasia, che è, almeno da par mio, una richiesta vigliacca di chi non ha il coraggio di chiedere il diritto al suicidio sempre e comunque. E’ infatti una richiesta rivolta ad uno stato etico (che è forse peggio di uno stato confessionale) che deve decidere fin quando la mia sofferenza fisica e morale può essere tollerata e quando, al fine ho il diritto di chiedere che mi sia risparmiata. Alla fine, non possono non farle notare che l’associazione della quale lei fa parte (UAAR) ha chiesto ed ottenuto di essere ricevuta in Parlamento, come rappresentanza di –appunto- atei, chiedendo pari dignità delle altre associazioni (chiamiamole così) religiose. Questo fatto, lungi dall’essere sbagliato, pone però tutte le richieste della UAAR sullo stesso piano di quelle della Chiesa Cattolica o dell’UCOII. Per tanto, mi sembra logico che (poi magari non lo è) c’è poco da fare appello allo stato laico che, appunto, in quanto laico non segue aprioristicamente i dettami di nessun credo religioso (nemmeno di quello ateo), ma può benissimo concordare con alcuni di essi. In ogni caso, lo UAAR ha poco da fare appelli alla laicità seriamente intesa.
Gentile Margherita Hack,
non sto cercando di difendere da delle accuse la Chiesa Cattolica (della quale per altro faccio parte senza nascondermi), figurarsi… la Chiesa, se vuole, sa difendersi da sola e non ha certo bisogno di un emerito signor nessuno, piccolo scribacchino internettiano. Sto cercando di esercitare il mio diritto di dire la mia su qualcosa che mi ha colpito, che ho letto e riletto e che non mi ha trovato d’accordo. E se pure io, signor nessuno, non ho giornali che mi dedicano spazio come invece ha lei, famosa scienziata, ho la presunzione di dire che le mie argomentazioni non sono da meno delle sue, che le mie ragioni hanno tanta dignità almeno quanto le sue. Se accetta questo, sono qui, sempre disposto al dialogo.
Cordiali saluti e buon lavoro
Andrea Fontana

domenica 21 gennaio 2007

Rocky Balboa

ROCKY BALBOA


Scritto e diretto da: Sylvester Stallone
Genere: Drammatico/Sportivo
Anno: 2006
Paese: USA
Durata: 102 minuti
Cast: Sylvester Stallone; Burt Young; Milo Ventimiglia; Geraldine Hughes; James Francis Kelly III; Tony Burton; A.J. Benza;[more]






Ebbene si, sono andato vedere Rocky Balboa. E non me ne frega niente dei puristi del bel cinema, che storcano pure il naso.
All'epoca mi rifiutai di vedere Rocky V, ora, sarà il momento, sarà che quando s'invecchia si diventa sempre un po nostalgici, avevo invece proprio voglia di vedere questo VI, chiamato più semplicemente (e in maniera azzeccata) Rocky Balboa.
Onestamente devo ammettere che non è un gran film, certe situazioni sono risolte in maniera approssimativa e la regia non è eclatante. Passiamo gran parte dei 100 minuti a guardare come Rocky sia ormai una leggenda per i suoi concittadini (con annessi e connessi: dai saluti calorosi per strada alle barzellette raccontate alle spalle), un ombra nera nella vita suo figlio, un ristoratore simpatico e affabile (ha aperto un locale italiano "Adrian's" con appesi i trofei le foto ecc...) e un vedovo inconsolabile (Eh si, Adriana è morta!).
La morale del tener duro poi va bene, ma quella del "conta solo ciò che pensi e senti tu" è almeno almeno discutibile. Insomma non uno schifo di film, ma nemmeno può essere lontanamente paragonato ai primi due della serie. Però... C'è una cosa che salva tutto a parer mio, una cosa che permea tutto il film e lo restituisce al pubblico nella sua giusta dimensione.
Non è un qualcosa che succede di preciso è piuttosto il fatto che Rocky Balboa è un po realtà un po finzione, un pò morale americana del self made man e un po una riflessione sul tempo che passa. E' sia un ritorno alle origini che una celebrazione di se stesso. Girato in poco tempo e con un basso budget è un film che Stallone ha fortemente voluto. In parte è autobiografico questo Rocky ossessionato dal ricordo della moglie e che va a visitare i luoghi della sua Philadelphia, questo Rocky ormai lontano dai fasti di un tempo. Un uomo di cuore, un guerriero nell'anima. Mentre tutto il film aspetti quasi indifferente di vedere quello che succederà (quando lo sia già), nel momento esatto che succede, e lo stallone italiano sale sul ring e inizia a prenderle, in quel momento sussulti. Giro io ho sussultato sulla sedia e stavo in tensione per quell'incontro esattamente come lo sono stato per gli incontri dei precedenti capitoli. Idiozia forse, o magia del cinema e della cultura pop. Comunque non ero il solo. Belle poi le riprese, del palazzetto (infatit sono reali) prima dell'incontro, bella - anche se un po stucchevole - la scena finale. Chiudono il tutto (e lo salvano anche) le immagini (e la musica)durante i titoli di coda: la gente che sale le scale - di corsa - del museum of art di philadelphia e arrivata in cima esulta come Rocky nel primo film. Rocky siamo noi, è sia un messaggio "morale" abbastanza blando, sia la celebrazione di un mito entrato ormai nel quotidiano, perchè sfido chiunque ad andare a Philadelphia e non fare almeno un salto a vedere quella scalinata, e se dopo che la si è vista, la si sale lentamente e con compostezza è solo per paura di essere visti e giudicati degli idioti dagli autoctoni e dagli altri turisti per una cosa che con tutta probabilità hanno già fatto. ROCKY è UN MITO, W ROCKY BALBOA.

lunedì 15 gennaio 2007

L'Apocalisse di Mel Gibson

APOCALYPTO


Regia di: Mel Gibson
Scritto da: Mel Gibson, Farhad Safinia
Genere: Azione/Avventura/Drammatico/Storico
Anno: 2006
Paese: USA
Durata: 139 minuti
Linguaggio: Maya sottotitolato
Cast: Rudy Youngblood; Dalia Hernandez; Jonathan Brewer; Morris Birdyellowhead; Carlos Emilio Baez; Ramirez Amilcar; Israel Contreras; Israel Rios; [more]







E' uscito nelle sale preceduto dalle polemiche più disparate, la maggior parte delle quali sulla troppa violenza e crudeltà (o crudezza, per alcuni sembra la stessa cosa) di alcune scene. Bah... i precolombiani di Gibson il sanguinario non sono peggio dei gangster di Tarantino, dei mafiosi di Coppola, o dei marines di Kubrick. Anzi, la violenza nel film di Gibson è del tutto fisica, truculenta forse, ma sempre meno forte della violenza psicologica di altre produzioni.
Chiarito questo, cosa rende Apocalypto degno di nota?
La fotografia ad esempio, molto bella, l'azione, la regia, lo stile documentaristico di certe scene, e "lo spunto", l'idea diciamo.
Gibson descrive la società Maya molto lontana dal rousseauniano mito del buon selvaggio (e per questo onore al merito) e lo fa scegliendo un punto di vista insolito: anzichè ambientare l'intera vicenda all'interno del regno Maya, la ambienta all'esterno. Il protagonista (una sorta di sosia di Ronaldinho) è un cacciatore di un villaggio piccolo e pacifico che viene attaccato dai guerrieri Maya. Gli uomini abili a combattere vengono fatti prigionieri e portati nella capitale per essere offerti in sacrificio agli dei.
Punto di vista insolito dicevo, forse coraggioso e che sicuramente fa funzionare la storia e crea la suspence e il ritmo, ma anche che (forse) è troppo preponderante, determina il filme probabilmente offusca lquello spunto, quell'idea diciamo che - presumibilmente - sta dietro al film e al titolo. Apocalypto, la fine del mondo, o almeno di un mondo. In tutto il film quello che dovrebbe essere il suo senso ultimo" è un po trascurato a vantaggio del lato avventuroso (più di metà film potrebbe essere intitolato tranquillamente "Il fuggitivo") e relegato al finale che - probabilmente volutamente - non spiega ma fa solo intuire.
L'onestà, e forse tutta la salvezza del film sono racchiusi in queste scene finali (e nella frase iniziale) che non sono nè didascaliche nè maestose, nè tantomeno apologetiche. Sono semplicemente realistiche.
Probabilmente avrei fatto tutto diversamente, e probabilmente, quelli che erano gli intenti di Gibson si sono realizzati solo a metà. Ma in onestà devo comunque amettere che Apocalypto rimane un bel film, con molta azione, girato bene, con una storia coinvolgente e belle scene di combattimento. Ma pure se il voto non può essere insufficiente, e per quanto ognuno possa pensarla come vuole, dopo "The Passion" tutto questo non basta. Non a tutti almeno.

martedì 2 gennaio 2007

Flushed Away: Giù per il tubo

GIU' PER IL TUBO

Titotolo originale: Flushed Away
Regia di: David Bowers, Sam Fell
Scritto da: Sam Fell; Peter Lord
Genere: Animazione/Commedia/Avventura
Anno: 2006
Paese: UK/USA
Durata: 90 minuti



I cartoni animati sono spesso come le torte: gli ingredienti sono pressapoco sempre gli stessi, quello che cambia sono i tempi di cottura e le dosi. Questo Giù per il tubo è una bella torta, ben cotta, e appetitosa. Daltronde la Dreamworks di Spielberg già di suo da determinate garanzie, e se ad un' animazione di alto livello aggiungete una bella storia, mille citazioni, e una città (di/per topi) fantastica costruita nelle fogne con tutti pezzi presi dal mondo deglio uomini - le mie fantasie di bambino realizzate insomma - otterete questo film.
Mi ci sono davvero divertito, dopo mille commedie che non fanno poi tanto ridere un film semplice e simpatico, un piccolo mondo fantastico che - come accade sempre più spesso - fa il verso al mondo vero in maniera ironica e divertita. Per bambini, ma di qualsiasi età.

P.S. non male il doppiaggio italiano anche se è un peccato perdersi quello originale.

lunedì 1 gennaio 2007

Nativity

NATIVITY

Regia di:
Catherine Hardwicke
Scritto da: Mike Rich
Genere: Drammatico/Biblico
Anno: 2006
Paese: USA
Durata: 101 minuti
Cast: Keisha Castle-Hughes; Oscar Isaac; Hiam Abbass; Shaun Toub; Ciarán Hinds; Shohreh Aghdashloo; Stanley Townsend;[more]


Ricostruzione "storica": 9. bisogna dare atto alla Hardwicke di aver pensato e "costruito" una scena credibile e di essere fedelissima ai Vangeli (e di non averli narrati come una favoletta per bambini). Per il resto il film coinvolge o annoia, commuove o irrita (a seconda dei casi) per quel che è, per la tram, che già tutti sanno. Ma, se la narrazione della vita quotidiana è affidata al realismo e alle fonti storiche, il sovrannaturale si palesa quasi come un quadro del '600 (ad essere buoni), o come una cartolina del Presepe (ad essere cattivi). Alcune scene e scelte stilistiche sembrano copiate davvero più dalla tradizione presepistica italiana (la grotta su tutte) che ricostruite su studi storici. Eppure alcune scelte che potrebbero essere giudicate blande, o addirittura di cattivo gusto (soprattutto quelle finali) mi sono piaciute, non tanto esteticamente quanto nell'intento, potrebbero davvero essere delle piccole felici provocazione al contemporaneo spirito Natalizio, quello per esempio che ha vietato l'affissione delle locandine in un mercato di Boston (se non erro) per non offendere i fedeli di altre religioni... -_- certo, bisognerà vedere che cos'aveva in mente la regista, visto che comunque l'interpretazione è quantomeno dubbia.
Bellissima - a tutto tondo - la figura di Maria, almeno un po risollevata dal solito stereotipo e molto bella anche quella di Giuseppe, che acquista un ruolo che spesso nella tradizione è più marginale.
Nota positiva finale e non da poco: dopo tanti film Di Natale, finalmente almeno un film SUL Natale.